Castel di Sangro 2015
Qualche scatto dalla Gita a Castel di Sangro organizzata lo scorso week-end e che ha visto la partecipazione di diversi gruppi ciclistici.
DUE ITALIANI ALLA ROUBAIX
Ricevo e pubblico con piacere la coraggiosa ed entusiasmante avventura di Franco e Nino alla Parigi - Roubaix.
Quando Franco Bernardini mi ha proposto
di accompagnarlo a “fare” la Parigi Roubaix,
la prima sensazione è stata di scetticismo e incredulità. Non tanto per la difficoltà
della prova ciclistica in sé, tanto
io non pedalavo, ma per tutto quello che riguardava, viaggio, soggiorno ecc. il
tutto in soli 4/ 5 giorni. Ma alla fine la
tenacia di Franco e il fascino di questa corsa, che ho sempre seguito sin
da ragazzo, mi hanno convinto che: si “poteva fare”.
E’ cosi iniziata
la preparazione logistica. Si decide che la cosa più conveniente sia di fare base a Roubaix e il giorno della
gara ci saremmo
trasferiti alla partenza
alzandoci presto, molto
presto. ALLE 4,30. Già dimenticavo:
la famosa PARIGI-ROUBAIX non parte da PARIGI ma da sperduti paesini
della campagna francese dove non ci sono né alberghi né ristoranti come
abbiamo, a
nostre spese, riscontrato più avanti.
Mercoledì 8 Aprile: partenza da Roma verso le 8,30. Più di 1700 Km in macchina sono
stati divisi in due
parti. Prima tappa in un albergo di un paesino dopo circa 200 km dal traforo
del Monte Bianco. Arrivati in albergo la sera, decidiamo
di fare un sopralluogo, il giorno dopo, sul percorso, prima
di arrivare a Roubaix. E cosi facciamo.
Giovedì 9 Aprile: verso le 13,00 arriviamo a Busigny sede di partenza della mitica
Roubaix. Un po’ di delusione devo dire,
nel vedere questo
piccolo paesino anonimo
e deserto, l’abbiamo avuta tutti e due.
Però ci siamo detti: animo mangiamo qualcosa e poi
andiamo a visionare, finalmente, il mitico PAVE’. Mai cosa cosi semplice, fu più difficile. Infatti abbiamo girato per quasi due ore sia a Busigny che in vari paesini
vicini, senza trovare
né ristoranti né bar. E cosi mogi mogi abbiamo
desistito e siamo tornati sull’autostrada per mangiare.
La sera arriviamo a Roubaix.
Venerdì 10: Giornata dedicata al sopralluogo sul percorso. Finalmente, penso,
ci immergiamo nella leggenda. E cosi è stato. Vedere quei tratti che tante e tante volte ho visto in televisione è stato, non vi nascondo, quasi commovente. E tolgo il quasi quando siamo arrivati
al mitico tratto della Foresta di Arenberg. Già c’era gente; chi provava
in bici chi osservava il percorso, un gruppo di
professionisti della SKY imboccava il tratto a tutta velocità.
Incredibile come riuscissero a stare in piedi su quei sassi sconnessi irregolari e viscidi, anche se il
percorso era perfettamente asciutto.
Un professionista della BMC volava
in terra vicino a noi. Un misto di ammirazione incredulità e allegria ci pervade. Siamo rimasti li, nella storia ciclistica, non so per quanto tempo. Rientriamo a Roubaix per il ritiro del numero di gara. E qui altre emozioni.
Anche se diverso, il velodromo di Roubaix fa parte della storia del ciclismo. Fuori il celebre anello del giro finale dentro moderno e affascinante e
ci si preparava per il tentativo del record dell’ora del giorno dopo.
Nel tardo pomeriggio in albergo per preparare le
biciclette. Si, due biciclette, una da strada lucida
e pronta per il giorno dopo l’altra, di riserva, è una
mountain bike. Chissà piovesse. Tanto, pensiamo, non
piove e poi farsi i 170 Km della Roubaix in mountain bike è una pazzia penso io.
Sabato 11: Ore 4,30 suona la sveglia.
Ma siamo già svegli e carichi tutte e due. Fuori piove e fa freddo. Partiamo
Franco guida, non contento di farsi 170 Km in bici, se ne fa pure 100 in macchina.
Ore 6,30: siamo fra i primi ad arrivare piove fa sempre freddo. Nel giro di 10 minuti si riempie la strada, il piazzale e tutte le stradine vicine.
C’era più gente adesso alle 6,30 che alle 12/14 nei giorni precedenti. Si sceglie
la bici, Franco
opta per la mountain bike. E’ più sicura certamente. I preparativi sono lunghi ma finalmente dopo un paio di foto, alle
7,30 circa, lo accompagno alla partenza. Partenza alla francese.
Rimango quasi due ore a godermi questo fiume incontenibile di appassionati, chiassosi,
qualcuno sembra pure brillo, e un po’ folli ciclisti
che partono per questa avventura.
Eravamo organizzati in modo scientifico e preciso con
computer Garmin rilevatore satellitare collegato a un portatile, e al mio cellulare in modo che potessi
seguire a distanza il percorso di Franco
la sua prestazione, e cosa più importante, dove si trovasse.
Bene non ha funzionato
mai. E cosi ci siamo separati,
io via via mi sono fermato a osservare, nei vari tratti di pavé, i
concorrenti e, Franco a compiere la sua impresa.
Decido
di aspettare Franco nel tratto più prestigioso: la Foresta di Arenberg. Saggia decisione Arrivo verso le 11,00.
Assisto ad un dei più incredibili spettacoli che mi sia capitato di vedere.
Un numero incredibili di tifosi ai lati del viscido tratto in pavé. Chi urla, chi ride, chi applaude,
chi incita
tutti ad andare avanti. E i ciclisti che si buttano quasi ad occhi chiusi in
quell’ imbuto
affascinante che quasi li attrae e li fagocita. Assisto alle prime cadute quasi buffe. Di lato vedo un ciclista per terra appoggiato alle transenne. Non si può muovere capisco
che si è fatto male veramente, rottura del bacino,
vengo a sapere
più tardi, ma lui è li allegro
non si vuole perdere comunque lo
spettacolo, e intanto intorno a lui altre cadute altri passaggi incredibili,
noto che chi
passa più veloce passa indenne chi va piano prima o poi
scivola e cade.
12,30 Arriva Franco: Foto ricordo prima di entrare nel mito. Entra nell’Arenberg anche
lui e la sua
possente mountain bike. E’ un po’ incerto
ma tiene bene l’impatto con il pavé grazie ad abilità, fortuna e…..alle
ruote della bici.
Ci separiamo di nuovo. Decido di aspettarlo nel tratto finale. Il
Carrefour de l’Arbre. Altro mito.
Lo aspetto nel tratto finale. Non mangio aspetto che
arrivi. Passano le ore. Passano fiumi di ciclisti
sporchi, qualcuno con segni evidenti di cadute. Ma
tutti determinati ad arrivare, a portare a
termine la propria fatica. Molti si sono ritirati e
passano a bordo di auto al seguito.
Ore 16,00 circa: Lo vedo arrivare in lontananza, procede ad andatura ridotta, come
molti, esce dal Carrefour stanco ma determinato a proseguire. Decido di seguirlo
sino alla fine anche nei due tratti finali di pavé. Non si dovrebbe
fare, difatti mi prendo pure qualche vaffa in varie lingue, ma lo seguo sino a
Roubaix, dove arriva prima lui. Parcheggio ed entro nel velodromo.
Mi sono perso il giro finale, ma ve bene cosi. Giornata indimenticabile.
Un rammarico: averla vissuta da spettatore. Ma anche cosi le
emozioni non sono mancate.
Domenica 12 Aprile: Rientro a casa. Ma prima ci siamo fermati per vedere passare i professionisti. Bello, perfetto,
con le loro bici incredibili, tecnologiche e costosissime. Velocità incredibili, tutto nello spazio di pochi
minuti. Cosa resta. Un ricordo labile.
Mi
accorgo che le vere emozioni
i ricordi più forti e più belli sono quelli vissuti il giorno prima, quelli
che mi hanno regalato quelle moltitudini di ciclisti che, magari si sono fatti
anche migliaia di chilometri
in macchina, e poi hanno affrontato la fatica di una corsa come la Parigi
Roubaix con lo spirito di:
L’IMPORTANTE E’ ESSERCI.
Nino Abate
Qualche scatto dalla Costiera Amalfitana
Inserisco qualche scatto frugale della gita sorrentina che mi dicono sia stata parecchio piacevole nonché partecipata.
Si riconoscono le inconfondibili sagome di Massimiliano, Marco Spark, Ivan, il Presidentissimo, il Generale, Carlo e Marco Ing.
Si riconoscono le inconfondibili sagome di Massimiliano, Marco Spark, Ivan, il Presidentissimo, il Generale, Carlo e Marco Ing.
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